Giorgio Segato

 

Albori di vita

Sempre le opere sono essenzialmente trasposizioni di stati d’animo espressi attraverso la gestualità,il mestiere,e attraverso elementi naturali che si fanno emblemi del pensiero e del vissuto.Dipingere, scolpire, incidere vuol dire assorbire dai soggetti rappresentati gran parte dalla loro virtualità simbolica, ma al tempo stesso infondere nei temi trattati e nella materia modulata o manipolata parte della propria anima ,del proprio pensiero,della propria emozione esistenziale. E, dunque, renderli vivi, ricchi di fermento di pensiero e di emozione. Il soggetto è sempre , in sostanza, un pretesto, l’interprete , e la tecnica è il medium , il tramite di una comunicazione che prima attraversa lo sguardo esterno e interno, il ‘corpo’, le sensazioni, i sentimenti, la memoria dell’artista e diventa conoscenza, espressione e aprirsi di nuovi orizzonti di ricerca. La prensilità della percezione mentale e psicologica integrano e completano la visione e la rappresentazione del reale e tanto più la interiorizzano quanto più ne colgono la struttura complessa , non di superficie  o di apparenza , ma nelle pieghe, nelle innervature, nella vitalità segreta , nel floema dei canali di alimentazione. Se il soggetto privilegiato delle incisioni di Tonietto oggi è l’albero è perchè esso diventa espressione delle elaborazioni del suo inconscio,della sua condizione esistenziale,degli eventi intimi, gioie e dolori insieme.Questo processo di identificazione e di espressione è particolarmente evidente e significativo , a mio parere, nelle tecniche calcografiche , nelle diverse modulazioni dell’incisione, al bulino , alla puntasecca, all’acquaforte e all’acquatinta, alla maniera nera e alla cera molle con le loro infinite possibili aggiunte e varianti di interventi. Perchè nell’incisione il mestiere e  l’idea si svelano solo al termine di un processo operativo e, in senso lato , alchemico ,che occupa un tempo espanso , largo e ricco di affioramenti e di sedimentazioni, di sollecitazioni fantastiche e poetiche, di naufragi nell’immaginario che dilatano l’ascolto e addestrano la prensilità, nutrono e coltivano il gesto del mestiere.Non una tecnica pittorica minore o subordinata, ma straordinario campo di esercizio, di disvelamenti , di modulazione dei percorsi dei segni e della luce.

Guardando il lavoro di Tonietto mi diverte giocare sulle affinità tra la parola dialettale àlbore, àlbara (albero) e l’albòre, l’origine. Penso che nelle sue incisioni, nella sua ricerca-oggi  tutta incentrata sulle chiome arboree,sulle frequenze e gli addensamenti delle ramificazioni - di una natura espressiva di forza vitale , di inesausta energia germinale , ci siano entrambi i significati  e che di ciò siano conferma  sia la particolare cura che egli impegna nei fraseggi segnici e luministici, dando risalto a fermenti di foglie e a viluppi di rami come a qualcosa di vivo e in una tensione verticale(di cui però evidenzia solo  il corpo centrale), quanto le luci vibranti che tenta e ottiene magicamente- ogni tanto cercando effetti  anche nelle differenti cromie delle inchiostrature- sulle larghe chiome o sul frammento di bosco visto a volo d’uccello, lasciando al cielo solo circa un terzo del campo.Così egli sollecità la penetrazione nel corpo della pianta o l’immersione nell’ombra, nella luce inghiottita tra le piante, promuovendo una sensazione di appartenenza al fermento segreto e, insime, di leggerezza, di volo, di libertà conoscitiva. Bosco e pianta, con le fibrillazioni di luce sulle foglie o il groviglio di rami e barbe radicali, sentito e rappresentato come fascio muscolare, sono i luoghi della meditazione formale di Tonietto, pretesti di studio del segno e della luce,nel magico rapporto tra bianco e nero, tra inchiostro e carta, immaginato fin dal primo abbozzo disegnativo,continuato nel disegno e prolungato nella trasposizione su lastra, nell’acidatura, nelle riprese e nei ritocchi a puntasecca, nelle prove di stampa.

La sua tecnica è cresciuta e maturata rapidamente attraverso una sperimentazione sapientemente controllata sia nel mestiere dell’incidere che in quello della stampa, che consente di valutare direttamente progressi e lacune del segno, di controllare e  modulare gli effetti ritmici e pittorici sulle carte diverse, da scegliere per peso, tramatura ,tempi e modi di imbibizione, elasticità in rapporto alla pressione del torchio. Ogni strumento già dopo le prime esperienze esige di adattarsi alla mano, alla forza, alla gestualità dell’artista, il quale piano piano finisce per ‘costruirsi’ gli attrezzi e per inventare i propri percorsi, per farli a propria misura, renderli adeguati alle proprie esigenze e ai propri  modi operativi, all’intensità del proprio ascolto interiore. Perchè davvero l’incisione è arte del silenzio e traduzione o, per meglio dire, visualizzazione di un ascolto intimo, quasi una trascrizione musicale, traccia dopo traccia, per comporre uno spartito di segni che diventano immagini, così come le note diventano suoni, musica , atmosfera, emozione. Nasce dal silenzio contemplativo, da tempi dilatati che sollecitano insorgenze, ricordi, memorie, esperienze decantate, a volte sepolte, desideri e sogni lontani e recenti.

Tonietto allarga ancor più i tempi, poichè opera per sequenze di lastre, sviluppando ora il tema dei disfacimenti organici come restituzione di vita e di energia, ora le ‘tracce aride’, esplorazioni di materiali organici ed inorganici in lacerti sagomati, come sospesi in uno spazio di attesa, di metamorfosi, ancora una volta di silenzio e con rilievi a secco come spazi, intervalli di contenuta energia avvertita premere sotto la superficie ancora neutra; e più di recente con gli alberi e i paesaggi boschivi, entrando tra le innervature delle piante e complicando le frequenze segniche per accostarle il più possibile alle pieghe dell’anima, alla ricchezza dei percorsi psichici ,ma anche a una sensorialità restituita attraverso un’immagine tra l’impressionista e il simbolico tra i giochi di una mobile luce sulla realtà e le risonanze più profonde(o piu alte) a livello intellettuale e concettuale. La natura non solo come pretesto , allora, ma anche come campo di reimmersione sensitiva, di ascolto di voci, di suoni di luci che si stanno smarrendo, scavando in noi insanabili nostalgie.

Padova, ottobre 2001

Incisioni originali

...Gli artisti trevigiani ,non hanno nel cuore il grande paesaggio,la grande veduta paesistica,   i grandi spazi, ma c’è un amore per la natura, alla veduta minuta, legata all’aria, alla vigna, come nelle opere di Barbisan, al movimento della foglia, al tronco e al piccolo dettaglio.

Anche Tonietto ,affronta direttamente l’immagine dell’albero come elemento simbolico da un lato e metafora  naturalistica dall’altra,  una poetica inevitabilmente legata all’uomo, alla vita ,alla crescita, al contatto tra la terra e il cielo, tra la terra più profonda e quella di superficie e il cielo sempre più alto. Ecco allora svilupparsi queste grandi chiome dilatate, questa verticalità nervosa, queste scelte ascensionali, dettate da una aspirazione alla vita , alla purificazione, alla crescita interiore, tutto ciò è molto significativo.

E poi c’è un aspetto tecnico, ancora un segno diverso, non lunghi segni disegnati sulla lastra , ma segni brevi , minuti, quasi una scrittura, una scritturazione nervosa per rendere il gioco della luce e dell’ombra; è questa la magia dell’acqueforte, di questo alternarsi di luce e ombra, e la capacità e la necessità degli artisti si può valutare dalla modulazione che essi sanno inventare al segno e al gioco della luce.

Bassano del Grappa, gennaio 2000.