Ivo Prandin

 

Anatomie Vegetali

Quando si dice che ogni artista è un mondo a sè , si allude al suo egoismo piuttosto che alla sua originalità , più che al carattere della persona che allo stile della sua opera. Resta però il fatto che tutti riconoscono agli artisti il diritto(e io aggiungerei la necessità) di chiudersi nel loro spazio privato per poter meglio esprimere la vita di cui sono parte. In fondo, l’artista che guarda dentro se stesso attinge a risorse profonde.

Resta anche il fatto, come dimostrano le incisioni di Renato Tonietto, che ogni artista occupa una piccola ‘nicchia’ che a noi risulta visibile e comprensibile grazie alle sue scelte, ai temi ricorrenti della sua arte.

La libertà delle persone creative, tuttavia, ci dice- salvo eccezioni isolate- che si può cambiare nicchia e abitarla con lo stesso fervore e la stessa passione della precedente.In fondo , non è per caso che il lavoro di un artista visivo si chiami anche ricerca.

Tonietto è uno che in questi ultimi anni è rimasto fedele a un tema- o nicchia-e continua a esplorarlo sempre curioso e passionale:è così che nel periodo fra gli anni di chiusura del ‘900 e l’inizio del 2000 si lascia avvincere dall’immagine degli alberi fino a farli diventare i suoi alberi, nel senso che le loro immagini riempiono lo studio e la mente come una verde ossesione. La loro presenza è tale, da costituire un richiamo costante, una prova da superare,che poi si può anche definire un ‘incontro ravvicinato’ con esseri che lo affascinano e lo coinvolgono anche moralmente(basti pensare alla distruzione delle foreste come a un eccidio), oltre che artisticamente per le loro belle architetture mobili e fruscianti.

Questo appassionato legame con alcune tra le ‘verdi creature’ compagne dell’uomo nell’avventura esistenziale ci ha dato finora una serie di acqueforti di grande nitore espressivo e di inquietante coinvolgimento:sono i cipressi e le querce indagati sur le motif e poi in studio.Il risultato di questa sua passione sono opere di straordinario risalto poetico e di impatto visivo. Tra l’incisore e i suoi temi prediletti si è attivato un legame così forte e durevole, da poter essere definito sintonia.

Se i cipressi avessero un’anima, direi che Tonietto sta cercando di scoprirla per poter dialogare con loro;e se dovessi scrivere una favola che lo riguarda direi questo:a volte si ha l’impressione che diventi lui stesso albero per meglio esprimerne -con il mimetismo- la corporeità ramificata, la presenza silenziosa, il significato nel mondo della realtà dove ogni albero ha una spiccata individualità,è diverso da quello che stornisce lì vicino perchè ‘nessuno albero è identico all’altro’.

L’albero di Tonietto è un ‘personaggio’ della Natura,un protagonista vivente e perciò stesso legato al destino di ogni altra creatura, incluso l’uomo, beninteso. E il destino comprende tutto , perfino la morte e la trasformazione o trasfigurazione del corpo.Se la precisione dei dettagli vi può far pensare a una tavola anatomica - di una anatomia poetica, naturalmente- non è un abbaglio, ma un modo per avvicinarsi all’autore e condividerne la passione.

C’e un particolare importante nella nostra comunanza con le piante,quelle colossali e quelle cespugliose, quelle fiorite e quelle spinose:esse appartengono alle specie viventi con le quali la specie Uomo non può comunicare.

Tutte le mitologie sembrano tese a fare il miracolo narrando di metamorfosi  che riguardano gli alberi, in una commistione biologica che grazie all’intervento delle antiche divinità consente loro di entrare in rapporto sensibile con gli uomini.

 Ma anche l’arte -e torniamo a Tonietto- può fare di questi miracoli trasformando gli alberi,che nelle sue tavole non sono più cose , non più e non solo “macchine” e “architetture” vegetali ma esseri senzienti in cui l’immagine è una impronta vibrante.In fondo, la passione dell’artista trevigiano per cipressi, pioppi cipressini e querce rivela il suo più intimo sentire,che possiamo definire come un sentimento di appartenenza alla Natura.Gli uomini sensibili alla sua presenza sentono una indicibile somiglianza con quelle creature verticali simili ad antenne con cui trasmettere messaggi lontano, verso l’infinito.

Il rapporto degli artisti con il popolo degli alberi è di origine poetica, ma in Renato Tonietto si coglie una motivazione ecologica:è una vita che si rivela in ogni incisione, una vita silente perchè non si esprime nei nostri confronti con qualche segno.Ma è proprio nel silenzio che possiamo ascoltare la “voce” delle foglie,degli insetti,degli uccelli e degli altri animali che abitano gli alberi.Il silenzio-e questa è una lezione che Tonietto apprende dalla Natura e trasmette a noi - ha questa particolarità:consente di ascoltare noi stessi in profondità,e si oppone all’assordante cicaleccio dell’esistenza quotidiana.Forse è giusto ricordare ai distratti quello che un poeta ha scritto: “Il silenzio ama farsi ascoltare”.

Una variazione sul tema vegetale è costituita dalle imponenti strutture delle querce,forme chiomate spandono vaste ombre sulla terra e sono dense di ombra al loro interno e ricche di colpi di luce nelle foglie esterne con le quali il sole radente gioca come fa nel mare con le onde.Il fogliame che si espande lungo i rami, corpo vibrante sostenuto da tronchi possenti, è un organo della piantà, i suoi polmoni.Inevitabile, anche qui, il ricorso alla letteratura:c’e infatti una frase di Michel Tournier, scrittore francese, per il quale le foglie sono “le mille e mille ali che battono come per alzarsi in volo, le mille e mille lingue che mormorano tutte insieme quando un soffio di vento attraversa l’albero”.

Tutto questo sembrerebbe il ritratto di un pittore realista, che si immagina impegnato nel riprodurre le forme vegetali, nel replicarle su lastra di zinco perchè diventino “quadro” con relativa cornice,cioè arredo nelle nostre case.

Non è così.Sambrerebbe un abbaglio ridurre Renato Tonietto in uno schema classificatorio rigido. Con la sua arte, il nostro incisore va più in profondità, con uno scatto di fantasia che lo porta a sfiorare il fantastico.

Questa “realtà modificata”,qual’è un’opera d’arte, è a suo modo il documento della sua presenza dell’uomo in mezzo alla Natura, di cui contrasta lo sforzo quasi disperato che essa compie per realizzare e completare le sue opere, per esempio gli alberi di cui parliamo.

Osservando le incisioni del nostro Tonietto, si può dire che l’uomo influisce sul “quadro” generale del mondo, anzitutto nel senso che opera in mezzo agli alberi e ,secondariamente, nel senso che li usa come personaggi delle sue narrazioni, siano esse visive o letterarie Ci sono in Tonietto alcuni particolari da considerare:per quanto riguarda l’artista,ecco il “non finito”di tante opere, come se il suo lavoro si fosse improvvisamente interrotto e l’immagine fosse ormai sospesa nel tempo.Si veda, poi, come il suo occhio colga l’impatto umano con il mondo naturale:le reti metalliche incarnite in tronco o corrose dalla ruggine e sopraffatte da rampicanti; i fiori recisi, la sterpaglia, le ferite d’ascia cicatrizzate o riassorbite dalla pianta, le case degli uomini piccole in lontananza, isolate nella densità del bosco e -fatto sorprendente,che dà un tocco surreale alle immagini- lettere dell’alfabeto sparse, cioè perdute dagli uomini nel corpo della Natura.

Spesso, in quel mondo che ha l’anima verde,la nostra realtà di presunti dominatori non è altro che un balbettio di parole andate in frantumi, una nota perduta nel concerto della biodiversità.Questa non è una forzatura, è l’adesione poetica al mondo di Renato Tonietto.

Mestre, aprile 2001
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